Segreti Passaggi
“Segreti passaggi” di (Paolo Picozzi)
Ho conosciuto Giuseppe Cosenza nel 1990 prima, in veste d’imprenditore nel settore informatico ed elettronico, subito l’ho molto apprezzato come persona squisita ed efficiente in questo lavoro, così difficile e in vorticosa evoluzione, ma per mia convinzione non ho intrapreso discorsi sull’arte anche se ne sono appassionato. Quando nel 2000 l’associazione Alkaest si è attivata con i suoi concorsi d’arte, ho avuto modo di conoscere e apprezzare anche l’aspetto artistico, che ben esprime e giustifica la sua personalità.
La sua Arte oscilla tra opere “Astratte” e “Figurative” e, secondo me, senza ripercussioni alcuna di qualità o preferenza. La Tavolozza di colori è ricca e allo stesso tempo esprime armonia e equilibrio. Le Opere “figurative” sono colme di particolari, mentre quelle “astratte” sono piene di elementi e comunque si dimostra maestro nel mantenere un formale equilibrio, ponendo attenzione alle direttrici e alla centralità dell’opera, offrendo certezza sull’emozione che vuole trasmettere. Nelle opere “astratte” predilige dare l’effetto “scatto d’immagine” di un’energia in movimento che sta raggiungendo la sua realizzazione; mentre le opere “figurative” sono immagini energetiche statiche, con un forte senso di solidità e certezza.
Nel mio mondo immagino, che le opere “astratte” esprimano cosmi/emozioni in continuo movimento di purificazione; mentre le opere “figurative” sono le loro porte d’accesso, come attimi sospesi per il viaggiatore, in cui la Porta/energia (non a caso usa raffigurare maniglie e meccanismi) dà la possibilità alla persona di agire e decidere d’entrare in un altro cosmo.
Questa sua serenità, nel viaggiare/passare da un’emozione all’altra, con sincerità, vivendo il qui e ora, personalmente un po’ la invidio e mi incita a cercare la stessa serenità.
“Segreti passaggi” di (Pino Bonanno)
L’artista conosce bene il suo percorso ispirativo-emozionale, fatto di attese, immersioni-emersioni, attraversamenti di luoghi della mente, spazi da ridefinire senza tracce precostituite, nel dialogo permanente fra libertà e ricerca. La sua maturità artistica è in continua crescita e dobbiamo aspettarci gesti audaci e concrete vibrazioni creative come dimostrazione di un rapporto consolidato tra idea, forma e colore: tre elementi costitutivi della sua cifra espressiva che gli permettono di alternare e scambiare i ruoli, impedendone le cadute e la fissità. E’ la ricchezza e il segreto di quel volgere intricato fra aperture e chiusure di varchi improbabili, i quali oggetti paiono sempre pronti ad assumere identità nuove o riconosciute soltanto nel sogno.
Ho avuto modo di scrivere tutto ciò nella presentazione di una mostra presso E20 Gaia, a proposito di Pippo Cosenza. Egli continua, anche in questa mostra a Città di Castello, a percorrere un itinerario ispirativo singolare e, per certi versi, ricco di “abbagli e meraviglie”.
Non si abbandona a incantamenti lirico-formali, ma con tenacia traccia sempre paesaggi interiori densi di felicità cromatica. Nella sua tematica ricorrente sottolinea il ruolo delle chiusure/aperture, in una interazione costante fra apparenze ed immagini, come simbolo multiplo ed emblema ambiguo dei legami fra le persone al di qua del bene e del male, interni agli argini etici e sociali. Il chiavistello, la serratura, la maniglia diventano per lui gli oggetti investiti di significanza laica/interiore, le figure conoscitive atte a rappresentare la specificità del linguaggio artistico. In una costante testimonianza sulla propria concezione dell’arte, l’artista evidenzia risonanze allegoriche visualizzate da questi “strumenti” di chiusura/apertura di varchi iterati, e attiva così un’antica percezione di un vocabolario visivo articolato ed organico.